Local Natives@Hana-bi

Posted by TibiDabi | Posted in | Posted on mercoledì, giugno 30, 2010

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La strada per l' Hana-bi ti si impasta tra le scarpe e sulla pelle, in una leggera patina salmastra ma dolce. E' come entrar in un posto ambìto ma familiare. Come vorresti che fosse ogni altro posto in cui metterai piede d'ora in poi.
There's something in the air when you're at Hana-bi.
La convergenza di tanti musicopati è sì singolare, ma lascia anche ben sperare. Mi chiedo sempre quando guardo delle teste muoversi al ritmo di una certa canzone, come quelle teste siano venute a conoscenza di quel gruppo in particolare. Mani che si alzano, piedi che battono, parole accennate, la mente che vola, il ricordo di quella canzone, annuire, riconoscere una melodia e la libera associazione di pensieri.
Ieri ce n'erano tanti di pensieri che interagivano nell'aria ai piedi di una luna piena. Un fenomeno celeste scatenato dai Local Natives, band losangeliana, che al primo ascolto non credesti davvero provenir dalla terra de i Weezer o dei Rooney, dato che mediamente ti aspetti qualcosa del genere sentendo L.A. a risposta da "Where are you from?".
Ed invece questi baldanzosi hanno scomodato nella mia mente gente del Midwest, New Mexico, di quelle lande lì insomma, dove percepisci lo sconforto nella voce dettato dal nulla. E parlo di gente come Bon Iver o Iron & Wine, per l'intensità, ma anche Band of Horses o Fleet Foxes, per trasporto e carisma.
Ed invece questi 5 ragazzi sono made in Orange County, ma niente a che veder con California, here we comeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! Poco più che ventenni riempiono il palco dell'Hana-bi con una energia ed una tensione palpabile e che si trasmette come una reazione a catena fin sulle dune circostanti. I "Grazie", le imprecazioni a zanzare e celebrazioni del mare, sole, della bellissima terra in cui viviamo, non si fanno attendere a lungo, così come non c'è da attender molto per farsi coinvolgere in battiti di mani, ritornelli canticchiabili e qualche urletto d'apprezzamento. Il pubblico dell'Hana-bi è poi composto ed attento. Insomma capisci che c'è gente che è venuta appositamente e la si distingue dallo sguardo, dal modo in cui ascoltano, dal guizzo ad una certa canzone che scioglie qualcosa dentro.
I pezzi conclamati arrivano in un'ora tirata di concerto, parlo di "Airplanes" alle cui prime note scatta un boato composto, "Stranger Things", "World news", "Shape Shifter", nonché la cover in apertura dei Talking Heads "Warning sign". E poi c'è la mia prediletta in chiusura, la prediletta di molti suppongo, "Sun Hands" e non posso non sentirmi appagata e sentir che tutto può finir lì senza neanche la finzione dell'uscir ed entrar ancora, chè tanto di più che vuoi dì?
E infatti non si vedono più. Il bis non c'é col dispiacer dei più, ma poi che bis vuoi far con un solo album all'attivo? Insomma qualche cover ci potrebbe anche stare, però non eran necessari riempitivi in un concerto in cui senti che il gruppo si sta spendendo ad ogni singola canzone.
Quindi non alzo striscioni in segno di protesta, non levo voci contro presunte omissioni. Va bene così.
Insomma un gruppo con 4 voci e dico 4 microfoni per sincronizzar i vocalizzi di 4 componenti su 5 ha del mostruoso. E per giunta 4 voci interscambiabili, che si giostrano fondendosi in maniera perfetta, senza stonature, in una limpidezza quasi irreale. Un gruppo di singoli a far la differenza nell'insieme.
Bella prova davvero.
A fine concerto è stato possibile anche avvicinarli nel loro libero scorazzar per il locale: disponibili, entusiasti e terribilmente cosparsi d'Autan.
Taylor, voce e chitarra, è tipo 1,60 m di concentrato curioso, in baffi anni'20, di galanteria tascabile. Insomma cosa pensereste di uno che vi si approccia dicendo "You don't have to ask anything, i am the one supposed to!"?
Beh, sì.
Questo ha pesantemente compromesso la mia obiettività.
Persa tra i baffi di uno sbarbatello canterino.




La serata finisce verso mezzanotte. Il ritorno a casa mi vede avvolta in una T-shirt bianca e rossa con tanto di logo pitturato a stringer tra le mani un 45 giri autografato.
Un po' radical chic. Un po' teenage wasteland della controra.
Giusto un po'.

Cinemascope Deluxe

Posted by TibiDabi | Posted in | Posted on martedì, giugno 29, 2010

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Huit Femmes. Isabelle Huppert. Message Personnel di Francoise Hardy.
Il film è un soffio, ma questo momento spiana la via al luccicone.
La Huppert viene dalle stelle.
Ci crede ed io ci credo con lei.

Bright star

Posted by TibiDabi | Posted in | Posted on domenica, giugno 20, 2010

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Stasera decido di prender aria. Dove vado quindi? Mi rinchiudo in un cinema 'ché all'aria viziata non so davvero rinunciar. La mia carta cinema 3 reclama il suo momento di gloria e così decido di darglielo. Munita di pazienza, qualche madonna e sprezzante della distanza e dell'incipiente nuvolone che minaccia la mia provvida cavalcata a due ruote verso il Saffi d'Essai, copro la distanza che separa Forlì centro-S.Martino in Strada nel tempo record di 20 minuti netti. I km son svariati così come svariate son le occasioni per farsi arrotar da qualche auto nel tortuoso rally ( giuro ad un certo punto di aver fatto una specie di flick con la ruota posteriore per superar una radice di albero fuoriuscita sul marciapiede, meritandomi un chiaro 10.0 unanime!)ne varrà la pena? Insomma dai, per "Il nastro bianco" s'è fatto anche volentieri, qui lo si fa non tanto per il film in questione, quanto per il "andar al cinema" che mi mancava terribilmente. La componente gratis poi è quel leggero vento di tramontana che ti sospinge dolce nello zigzagar tra le auto. Come il miele all'orso, confesso.
E quindi Bright star -Fulgida stella- uno dei poemi più belli di John Keats, sui cui ultimi anni il film verte addentrandosi nella vicenda amorosa tra il poeta e Fanny Browne, ragazza dalle belle speranze e dal temperamento anticonvenzionale, i cui facoltosi natali riserverebbero proposte più consone al rango. E invece.
Il film è profondamente segnato dalla manifattura Jane Campion. La Jane Campion verista e determinista che ultimamente aveva intrapreso un manierismo improprio e dubbioso(In the cut, presente?)è tornata. Questo film è nel pieno solco della miglior tradizione della cineasta australiana: l'attenzione alla natura come cornice e come propellente alle dinamiche personali, la cura certosina dei dettagli: dai costumi alle scenografie, i singoli fotogrammi, i chiaroscuri, la fotografia impeccabile, la capacità quasi crepuscolare di affrescar tutto ciò che riempie, rendendolo indispensabile.
Per questo parlo di maestria. Di artigianato. Il cinema di Jane Campion ha il gusto dell'opera d'arte, confezionata con cura,affidabile e resistente nel tempo. Magari anche nella memoria. Si ritrova qualcosa di familiare, di tranquillizzante e sì, di esteticamente appagante.
La colonna sonora estremamente evocativa è firmata da Mark Bradshaw, ed è chiaramente distinguibile, di quelle che quando vedi un film noti e apprezzi all'istante, un gusto che a Jane Campion non s'è certo mai potuto contestare.
Finito il momento quanto è brava e quanto ci sa fare Jane Campion passiamo all'angolo perplessità.
Beh, io Ritratto di Signora me lo ricordo molto bene. L'avrò visto quelle svariate volte e ci scrissi ai tempi del liceo anche una discreta recensione. Ebbene, in Bright star c'è moltissimo di Ritratto di Signora. A partire dalla scelta dell'attrice che veste i panni dell'amata, Abbie Cornish. Se andrete a veder il film, capirete di cosa sto parlando. Questa ragazza è Nicole Kidman. O meglio sarà la nuova Nicole Kidman? Molto probabilmente sì. Bella la sua prova ed anche dettata da una certa originalità, tuttavia è di una somiglianaza impressionante con la Kidman, in movenze, espressioni, persino il profilo la ricorda. E mi chiedo se la Campion non sia vagamente ossessionata dal feticcio della roscia australiana?















Jane Campion pare voglia passar in rassegna tutte le età dell'impero e dello stile britannico: Vittoriana prima, ora Georgiana. Mi aspetto, quindi e logicamente, un'escursione Elisabettiana imminente!
Passiamo all'attore protagonista: Ben Whinshaw. Nei panni di Keats appare uno sbarbatello ancora un po' acerbo. Forse troppo particolare, nella sua fisiognomica scimmiesca, per coprir il ruolo del poeta romantico-panciotto rigonfio-capello al vento- portamento fiero- per esser credibile fino in fondo. Certo nella parte del malato è a dir poco azzeccato, però al fianco di 'sta stangona di Abbie Cornish, il protagonista de Il profumo, rende davvero poco.




















In tutta onestà poi, le protagoniste indiscusse dell'intero film e che meriterebbero una citazione nei titoli di coda, son altre. E son struggenti, piccole e rubano la scena meritatamente. Parlo di loro:







































Ho un debole per le belle calligrafie. E' una questione compensativa, mi perdonerete.
Però esaltando questi bei frammenti in carta, tributo a queste missive la polvere pirica della storia. Una storia intima che strappa la lacrima, intenerisce, diverte e spezza il cuore.
Come sempre abituati bene ed ostinati nel ripeterci.
Ma film così meritano quella testata alla parete.

Ma che, a caricatura proprio?

Posted by TibiDabi | Posted in | Posted on domenica, giugno 13, 2010

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Ma quanto fa figo presentarsi a qualche sconosciuto e alla domanda “Di dove sei?” risponder con “Pugliese”? Non lo avrei mai sospettato negli anni di arrivar a dirlo, figuriamoci a pensarlo, ma che fare contro certe evidenze empiriche? Insomma non che sia figo a tutti i livelli, sia ben chiaro, o per tutti. In questo “Nord” poco-universalmente riconosciuto come tale- andiamo, suvvia, Forlì Nord?-io sono una Africana. Esplicitamente. Nelle battute dette in una concezione molto locale di amicizia: “Mavalà, che loro son africani, che vuoi che ne sappiano!”.
Se qualche settimana fa vi foste imbattuti in un matrimonio in zona, avreste potuto goder di tal conversazione:
M: “Senti un po' ma giù da voi le strade sono adesso asfaltate?”
T: “Certo che si!Non è che si lascia la macchina sull'Ofanto e poi si prosegue con carro a buoi eh!”
M:” Se vabbè, ma non come qui da noi. Ricordo strade secondarie sterrate.”
T: “Strade di campagna si, ovviamente. Strade che vedo anche qui, per altro!”
M: “Lascia star. Qui è un'altra cosa. C'è una civilizzazione superiore!”
T: “Posso dirlo?Oramai è qualche anno che mi trovo costretta in questa terra e, ad onor del vero, io tutta questa differenza non è che la veda. Insomma sta mitologica divisione tra Nord e Sud è sempre meno visibile. Lascia star l'efficienza dei servizi, l'assistenza sanitaria, la presenza di cooperative, insomma lascia star tutta una serie di contenitori, la società civile è quella, è la stessa!”
M: “ Senti, non prenderla male, son anche pugliese per 1/4 ma io mi porterei dietro il passaporto per venir da voi e prego sempre non mi accada di finir per sbaglio in ospedale! Poi riconosco che ci son individui brillanti da voi, gente con potenziali enormi...”
Insomma, per la serie, “come ci vedono”.Individui brillanti con potenziali. Ho avuto quasi un brivido. Insomma non è un pensiero insolito. Siamo degli Homini sapiens ma loro son sapiens sapiens. Un gradino evolutivo più basso, da guardar con compassione, bravi ma che non si applicano. Il fatto di non aver gli stessi mezzi ci rende automaticamente inferiori.
L'idea che uno sia il riflesso dei propri costumi e che la propria intelligenza dipenda dal benessere sociale che lo circonda non è così campata per aria.
Eppure. Di colpo. La Luce.
M: “Aspetta, ma tu non sei una meridionale qualunque. Tu sei Pugliese! Altro discorso.”
T: “Non son quindi un'africana, dunque? Sarò albanese forse?Slava?Avrei dovuto capirlo in effetti dalle doppie indicazioni in italiano e cirillico per le strade di Bari!”(l'ho detto sì. Humor nerissimo)
M: “Ahah ahah!Macchè!Voi avete Vendola!”
E qui fine delle comunicazioni.
Eccolo qui. S. Vendola panacea di ogni disturbo delle comunicazioni. Salvatore della patria. Emblema di una specie sottosviluppata ma meno rispetto alle altre.
Piazzar un “pugliese” a destra e manca ha un valore salvifico. Inizio sempre più a crederlo guardando gli occhi sgranati tra le reazioni di chi mi circonda.
Son pugliese è il nuovo son un carbonaio. Stessa ammirazione negli occhi. Stresso senso patriottico che si stringe nei cuori. Scatta persino la pacca sulla spalla di incitamento alla missione.
Neanche stessimo preparando un colpo di stato regionale ai danni del Silvio.
Chi glielo va a dire a questi che saranno bonificati da una manica di pugliesi, col Messia dalla lingua sibilante in testa?E chi gli farà entrar in testa che la loro beltade sta assumendo le stesse tonalità sconfortanti che per lungo tempo ha avuto la nostra merda?
Ora. A me di esser guardata con ammirazione perché nata a Monopoli frega ben poco, sebbene a suo modo mi qualifichi per quello che sono tramite quello che non è. Per la povertà di mezzi, opportunità lontanissime, immaginificità galoppante, tensione per la rivalsa. C'è tutto. Tutto in uno scaffale alto, temprato, artigianalmente messo in piedi e massiccio che reca il marchio della mia terra. Beh,esser una selvaggia non mi dispiaceva mica.
Poi è arrivato Vendola che ha in qualche modo mutato la percezione popolare del “pugliese”.
Che cammina in strade sterrate, con fare brillante, sprezzante di epatite e che se chiedi a qualcuno “che ha detto?” segue un “boh, però era proprio bello starlo ad ascoltare.”
Ed anche questa è una macchietta. La caricatura, se vi pare.