Habemus Nanni.

Posted by TibiDabi | Posted in | Posted on venerdì, maggio 06, 2011

"Spero di non addormentarmi come Berlusconi alla beatificazione di Wojtyla”. Queste le parole sussurratemi dalla mia compagnia titubante, prendendo posto in un cinema di paese semi-vuoto, per la visione di Habemus papam. Contrariamente a quanto professato da Moretti sul non sapere nulla del film che si va a vedere, su questo film è in circolo una quantità di informazioni tale da rendere superflua la visione dello stesso. Nella mia mente compare ad intervalli regolari l'aereo targato Natalia Aspesi recante lo striscione INDIMENTICABILE, nonché lo stesso Moretti ospite della trasmissione “Che tempo che fa” risucchiato all'interno di una intervista molto poco intuitiva sulla trama del fim( nel dire che questo sia stato eviscerato per filo e per segno si commetterebbe un'approssimazione grave. Per difetto, intendo). In breve: un contorno mediatico accanitosi nel pompare le aspettative di ciascuno era stato messo in piedi. Troppo tardi quindi per ritornare indietro. Addio innocenza.

Inizio col dire che Habemus papam ha del sorprendente. Sorprende ogni volta, infatti, la quantità di coloro che si genuflettono preventivamente innanzi alla palma d'oro/girotondino Moretti e, di conseguenza, non sorprende, purtroppo, il leggere recensioni compilate a tavolino senza neanche metter piede in una sala a vedere esattamente di cosa scrivere. Dico solo che certi entusiasmi sono giustificati solo in virtù dei tempi che corrono e dell'inconsistenza cinematografica italiana che, per 20 film prodotti, ne rende dimenticabili almeno 15.

Beh dai, non è terribile!”sento mormorare all'intervallo. No davvero, anzi, aggiungerei. Tre scene almeno entreranno di diritto nella storia del cinema: il torneo di pallavolo; i vescovi che ballano su “Todo cambia”e la processione checoviana in hotel.

E' solo che c'è un buco sostanziale nella sceneggiatura. Non c'è un acme nella narrazione. Un papa in crisi di inadeguatezza e con un deficit dell' accudimento. Sì. Ok. Ma perché?

Non ce la faccio, non ce la faccio” ripete Melville (omaggio al regista e non allo scrittore) ad ogni piè sospinto. Ma una motivazione non giunge mai. Ed è un peccato il non aver affidato al teatro una sorta di funzione maieutica della vicenda interiore del pontefice, o meglio, un peccato averla solo fatta intuire.

Il non detto spadroneggia nel film, il quale resta -decisamente- poco parlato. L'opera intera si regge sulla mimica di Piccoli, straordinaria maschera fatta di pochi accenni ma estremamente efficaci. Vero è che i film di Moretti non sono il trionfo della loquacità...ma qui si fa forse eccessivo affidamento allo sguardo di Piccolì per risolvere le problematicità inquisitorie che il film scaturisce.

Moretti si ritaglia, a malincuore, il ruolo di comprimario, riducendo all'essenziale il confronto con Piccoli che avviene solo all'inizio. Per il resto i due personaggi seguono vie differenti sovrapponendosi in parallelo. Nel match fede vs. psicanalisi emergono in realtà due sconfitti: stesse fragilità e stesse verità supposte. Sicuramente c'è una componente dissacrante sulla psicanalisi senza cadere nel macchiettistico: anche quando Moretti riconosce di essere il migliore, non ci pare neanche troppo singolare come affermazione.

Prese di posizione? Anyone? Non pervenute. Non ci sono condanne o esaltazioni fragorose.

Il momento WTF se lo guadagna l'attore che introduce il papa al balcone che è la fedele reincarnazione del cardinale Esilio Tonini. Non so dove l'abbiano trovato e se sia stata voluta la somiglianza ma è oggettivamente indistinguibile dall'originale. Premio simpatia, invece, al cardinal Brummer.

E poi il finale. Il finale riscatta il senso della storia. Moretti aveva sicuramente più chiaro in mente che tipo di storia mettere in scena a differenza del come metterla in scena. L'idea è ingegnosa e singolare. Un papa investito del titolo che si tira indietro innanzi a Dio, ai fedeli ed al conclave, dal ruolo che l'attende. “C'è chi è nato per condurre e chi per essere condotto...ed io devo essere condotto.”Insomma "siamo uomini o caporali? Are we humans or are we dancers?"

Come non far il tifo per la reazione di un uomo più che di un uomo di fede; per l'outing degli outing: quel gettare la spugna che tutti avrebbero voluto vedere fino ad ora in un papa che si rivolge ai fedeli? Ed invece mai nessuno a dire quell' "io sono come voi". C'è toccato il segno di vittoria di Ratzinger che alza in aria, idealmente, la coppa della Pontifex League. A ricordarci che fare il papa ha davvero poco a che vedere con ogni sorta di fede.

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